Venerdì verso le
20,00 siamo andate a uno spettacolo che si svolgeva al maschile. Erano giorni
che si aspettava questo momento, non tanto per lo spettacolo ma perché per noi
rappresentava un'occasione per avere la sensazione di evadere con la fantasia
fuori da qui. Tutto bene, ero accanto alla mia compagna di cella Betti, lei è
una DOC, non per altro veniamo entrambe dalle valli aretine. Anche se tra noi
due ci corrono dieci anni di età (è lei la più vecchia!), abbiamo molte cose in
comune. In primis i figli, la cosa più importante, poi via via divertimenti e
conoscenze. Abbiamo instaurato un buon rapporto, mi ci voleva proprio una come
lei per oltrepassare questa soglia che la vita ci ha destinato.
Ritorniamo a quella
sera. Eravamo così contente, si ballava, da sedute ovviamente, ci si
abbracciava e ogni tanto ci scambiavamo opinioni sul modo di recitare dei
detenuti mescolati ad altri attori esterni e sul pubblico venuto da fuori. Si
era tutte euforiche e mentre noi ci godevamo lo spettacolo Claudia si stava
impiccando. Siamo ritornate verso le 23,00 e nel giro di pochi minuti siamo
rientrate ognuna nella propria cella mentre l'assistente le controllava
partendo dalla 21. io e Betti siamo alla 17 e davanti alla 14 chiamò Zavataro!,
Zavataro!, poi nulla, tutto un fuggi fuggi, tra assistenti maschi e assistenti
femmine, poi arrivò Mario, l'infermiere. Guardando il riflesso delle immagini
sui vetri delle finestre notammo le persone muoversi veloce nella cella di
Claudia. Poi alcune ragazze cominciarono a gridare che Claudia si era
impiccata, che era ancora viva, che forse… non si capiva nulla. Nonostante
l'impossibile da parte dei soccorritori Claudia non ce l'aveva fatta. Tutte le
nostre gioie di prima si sono trasformate in un dolore che non ha fatto dormire
nessuno. Abbiamo riflettuto su tante cose, anche sullo spettacolo, che a
Claudia sarebbe piaciuto tantissimo.
Claudia era madre di
due bambini ai quali pensavano i nonni, ma a lei non pensava nessuno, neanche
tramite pochi soldi per un pacchetto di sigarette o due righe su una lettera.
Doveva chiedere a noi altre, che facciamo fatica ad andare avanti e siamo costrette
a elemosinare.
Forse ogni vita ha
il proprio senso, forse ci vuole una vita intera per riuscire a trovarlo. Non è
facile uscire dai momenti di perdita totale del desiderio stesso di esistere,
ma è proprio allora che bisogna tenere duro, perché questo momento di annientamento
è provvisorio. Ecco perché dobbiamo imparare ad ascoltare quello che è nel
cuore delle persone più di quello che hanno nella bocca. Sperando in un
miracolo, in fondo succedono. Ci saltano addosso, ci danzano intorno battendoci
le mani vicino alle orecchie, ci sorridono e ci fanno le boccacce come
pagliacci, ma noi non li vediamo, preferiamo il mondo in bianco e nero a quello
dell'immaginazione.
Gabriella, detenuta
nel carcere di Sollicciano
da "Alice, la
guardia e l'asino bianco"
Un'amica di scuola, di adolescenza...poi la vita ci ha allontanate. L'ho ricercata negli ultimi anni ed apprendo adesso da internet IL DISASTRO. Vorrei sapere dei suoi ultimi anni...ma nn saprei con chi parlarne
RispondiEliminaUn grande dolore... sento ...adesso e tanti ricordi. ..Yessica
Un'amica di scuola, di adolescenza...poi la vita ci ha allontanate. L'ho ricercata negli ultimi anni ed apprendo adesso da internet IL DISASTRO. Vorrei sapere dei suoi ultimi anni...ma nn saprei con chi parlarne
RispondiEliminaUn grande dolore... sento ...adesso e tanti ricordi. ..Yessica