sabato 11 gennaio 2014

Il buio dentro

Venerdì verso le 20,00 siamo andate a uno spettacolo che si svolgeva al maschile. Erano giorni che si aspettava questo momento, non tanto per lo spettacolo ma perché per noi rappresentava un'occasione per avere la sensazione di evadere con la fantasia fuori da qui. Tutto bene, ero accanto alla mia compagna di cella Betti, lei è una DOC, non per altro veniamo entrambe dalle valli aretine. Anche se tra noi due ci corrono dieci anni di età (è lei la più vecchia!), abbiamo molte cose in comune. In primis i figli, la cosa più importante, poi via via divertimenti e conoscenze. Abbiamo instaurato un buon rapporto, mi ci voleva proprio una come lei per oltrepassare questa soglia che la vita ci ha destinato.
Ritorniamo a quella sera. Eravamo così contente, si ballava, da sedute ovviamente, ci si abbracciava e ogni tanto ci scambiavamo opinioni sul modo di recitare dei detenuti mescolati ad altri attori esterni e sul pubblico venuto da fuori. Si era tutte euforiche e mentre noi ci godevamo lo spettacolo Claudia si stava impiccando. Siamo ritornate verso le 23,00 e nel giro di pochi minuti siamo rientrate ognuna nella propria cella mentre l'assistente le controllava partendo dalla 21. io e Betti siamo alla 17 e davanti alla 14 chiamò Zavataro!, Zavataro!, poi nulla, tutto un fuggi fuggi, tra assistenti maschi e assistenti femmine, poi arrivò Mario, l'infermiere. Guardando il riflesso delle immagini sui vetri delle finestre notammo le persone muoversi veloce nella cella di Claudia. Poi alcune ragazze cominciarono a gridare che Claudia si era impiccata, che era ancora viva, che forse… non si capiva nulla. Nonostante l'impossibile da parte dei soccorritori Claudia non ce l'aveva fatta. Tutte le nostre gioie di prima si sono trasformate in un dolore che non ha fatto dormire nessuno. Abbiamo riflettuto su tante cose, anche sullo spettacolo, che a Claudia sarebbe piaciuto tantissimo.
Claudia era madre di due bambini ai quali pensavano i nonni, ma a lei non pensava nessuno, neanche tramite pochi soldi per un pacchetto di sigarette o due righe su una lettera. Doveva chiedere a noi altre, che facciamo fatica ad andare avanti e siamo costrette a elemosinare.
Forse ogni vita ha il proprio senso, forse ci vuole una vita intera per riuscire a trovarlo. Non è facile uscire dai momenti di perdita totale del desiderio stesso di esistere, ma è proprio allora che bisogna tenere duro, perché questo momento di annientamento è provvisorio. Ecco perché dobbiamo imparare ad ascoltare quello che è nel cuore delle persone più di quello che hanno nella bocca. Sperando in un miracolo, in fondo succedono. Ci saltano addosso, ci danzano intorno battendoci le mani vicino alle orecchie, ci sorridono e ci fanno le boccacce come pagliacci, ma noi non li vediamo, preferiamo il mondo in bianco e nero a quello dell'immaginazione.

Gabriella, detenuta nel carcere di Sollicciano
da "Alice, la guardia e l'asino bianco"